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Probabilmente lo avevano convinto, anche a lui, di vivere in un continente senza frontiere dove il divieto di sosta spagnolo era identico al divieto di sosta italiano. Quindi, dormendo tranquillamente sui famosi “sette guanciali” riempiti dai milioni di euro del Barcellona, aveva avviato i contatti con Andrea Agnelli (ricordate? Proprio quello del parcheggio dei disabili) per farsi riempire nei prossimi anni i suoi sette guanciali dai dobloni made in FCA. Ma dal 2018 per avere un passaporto italiano bisogna fare un esame per verificare il grado di conoscenza della lingua di Dante Alighieri, perché in questo schizofrenico sogno europeo, nonostante tu abbia una moglie con passaporto italiano, devi comunque parlare l’italiano per condividerne il destino. Lascio al lettore il giudicare la paradossalità della vicenda. La Juventus, probabilmente avvertita come le cose si stessero mettendo male, improvvisamente ha mollato la pista del “Pistola” (ops,scusate. Del Pistolero) e si è accaparrata le prestazioni pedatorie di un cavallo di ritorno, a suo tempo mandato via perché giudicato e retrocesso ad Asino (Ah, che magnifica ossessione è Plauto): Alvaro Morata. L’ex giocatore di Real, Atletico e Chelsea ha una moglie italiana, e forse questa storia di Suarez potrebbe servirgli da monito: avendo una moglie natia del BelPaese, meglio si sbrighi ad ottenere il passaporto della Repubblica momentaneamente presieduta da Sergio Mattarella.
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Ritengo che una buona dose di ipocrisia, con la libera, e giusta, circolazione dei lavoratori europei nei territori dell’Unione, si sia impossessata del calcio continentale. Si è assistito ad una moltitudine di giocatori, solo perché avevano qualche ascendenza con qualche avo europeo, attingere con facilità allo status di cittadino comunitario, a prescindere dalle loro capacità linguistiche. Forse, ma posso anche sbagliare, è giunto il momento, vista l’atipicità dello sport come attività lavorativa, di consentire ai club di agire liberamente sul mercato, senza essere vincolati dalla nazionalità dei calciatori. Finirebbe l’ipocrisia dei finti comunitari e ci risparmieremmo spettacoli indecenti come quello messo in scena dal caso Suarez. Perché il mondo, nonostante il nostro desiderio recondito di volerlo perfetto, purtroppo perfetto non lo è, nemmeno nelle grandi costruzioni ideali e intellettuali come l’Europa unita. Perché sempre di cose di uomini si sta parlando, e come ci ricorda una frase fulminante del mitico Marcelo Bielsa, “se il calcio non fosse giocato da uomini, la mia squadra vincerebbe sempre”. Siamo creature imperfette, forse per questo persino Dio è affascinato da noi. Potete controllare.
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
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Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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