mondo granata

Decameron granata, ecco la raccolta definitiva: un grazie ai nostri lettori

Marco De Rito

TURIN, ITALY - OCTOBER 31:  Claudio Marchisio (R) of Juventus FC is challenged by Kamil Glik of Torino FC during the Serie A match between Juventus FC and Torino FC at Juventus Arena on October 31, 2015 in Turin, Italy.  (Photo by Valerio Pennicino/Getty Images)

In oltre sessant’anni  di militanza ne ho visti tanti, ciascuno con il proprio pathos, almeno sino agli anni 90 quando questa partita aveva un’esito tutt’altro che scontato, anzi  i “pigiami” spesso e volentieri venivano castigati dalla ns. “garra”. Detto questo il derby che mi ha lasciato emozioni indelebili è stato quello del 22 ottobre 1967 giocato ad una sola settimana di distanza dalla “maledetta Domenica sera del 15 ottobre” allorquando un tragico incidente ci privò della “ns farfalla che amava i Beatles ed i Rolling Stones”, Gigi Meroni che solo qualche ora prima era stato  protagonista nella ns. vittoria contro i Doriani. Fu una settima di vigilia molto particolare per tutto l’ambiente granata incredulo, angosciato e silenzioso.

Allo Stadio inizialmente il clima era irreale ma ben presto “salimmo in cattedra” con un Combin (grande amico di Gigi) strepitoso, infatti “la foudre” mise a segno una tripletta incredibile completata da una rete dell’esordiente Carelli in campo “con il 7” di Gigi.

Game over: 4 a 0 per noi e “pigiami”annichiliti. Ripensandoci ancor oggi mi vengono i brividi ed al fischio finale tutti noi tifosi ci abbracciammo tra le lacrime. Trasmettendoci  quel “senso di appartenenza”che fà di noi un unicum. Possiamo avere com’è logico che sia (specie di questi tempi) opinioni diverse su vari temi ma il ns. “orgoglio granata”rimarrà  indelebile “marchio di fabbrica”.

GC Natali

Avevo 12 anni il 26 marzo 1972, quando mia madre mi portò a vedere il mio primo derby. Ricordo che trovammo i biglietti solamente in curva Filadelfia e trovammo un’altra mamma con la figlia (mai viste prima) entrambe tifose granata e la bambina con la bandiera del Toro. Segna Anastasi e io mi metto a piangere, mi madre serafica: “Tranquillo, vinciamo”. Al goal di Agroppi, quattro persone esultano forsennate in mezzo ad un silenzio tombale, e come in una scena, che neanche un film avrebbe potuto rappresentare, la bandiera della bambina di sfila e cade in testa ad un gobbo, sotto di noi, questi, senza girarsi, la prende e la gliela ridà. Sono passati quasi cinquant’anni, ma questa scena la rivedo come fosse ieri. Una cosa del genere, ad oggi sarebbe impensabile. Tutti e quattro saremmo finiti all’ospedale, nelle migliori delle ipotesi.

@massimogemelli

Ho 16 anni ed ho visto solo un derby vinto… Mi ricordo del toro di Sinisa MIhajlovic allo Stadium. La punizione di Ljajic ci illuse visto il pareggio all’ultimo di Higuain. 

Era il 5/11/1972.

Vincemmo per 2 a 1 con 2 goal di Pulici . Loro segarono con quel giocatore che si autodefiniva un campione e io preferisco non nominalo tanto era simpatico.

Allora di derby ne vincevamo non pochi e a dire il vero non fu poi così tanto indimenticabile. Ma speciale si.

La mia ragazza ed io ci eravamo lasciati da un paio di mesi e in quel periodo frequentavo una ragazza “gobba” che più gobba non si poteva. Per di più era anche figlia di un ex giocatore bianconero degli anni 50. Ahimè!

Allo stadio andammo in sei, io con due miei amici del Toro lei con sua sorella e suo cognato super gobbi anche loro. Nella loro faccia avevano stampato  chiaramente un gran sorriso di superiorità che durò pochi minuti cioè fino al goal di Pulici. Al secondo goal di Paolino il mondo crollò loro addosso.

Finita la partita il gruppo si divise in due: i tre gobbi davanti, con la loro bandiera ripiegata come le loro teste e i tre granata dietro sghignazzanti, felici e che si prendevano a gomitate guardando il gruppo davanti. Noi granata andammo a festeggiare loro, penso, a casa a piangere. La ragazza la rividi solo il giorno dopo.

Comunque la storia con quella ragazza non durò a lungo per due semplici ragioni: il granata non si mescola con quei due colori a strisce e poi io avevo in testa un’altra ragazza, naturalmente anche lei granatissima che alla fine sposai. Mi regalò una figlia anche lei granata, la quale mi regalò una bella nipote anche lei granata!

Epilogo: chi è causa del sua mal (essere gobbo) pianga se stesso (rivisitazione di un verso di Dante Alighieri che si sa era un Viola!)

Granata per sempre!

Bruno Giorsa

Era il 16 Ottobre 1967.

La mamma mi svegliò e mi diede la notizia. Meroni è morto, un incidente stradale. Il giorno prima avevamo assistito a Torino-Sampdoria, l’ avevo visto giocare. Incredibile e quanta tristezza… Una settimana a pensare a quel giocatore che creava sogni e deliri nei suoi tifosi. La domenica dopo c’era il derby. Juventus Torino. Con papà andammo in Curva Maratona ed incontrammo un amico di famiglia, Bruno, anche lui grande tifoso granata. La giornata era surreale. Poco entusiasmo, i cuori a pensare alla farfalla volata in cielo troppo presto. Poi, le formazioni:

JUVENTUS: Colombo,Gori Leoncini, Bercellino Sarti Salvadore, Simoni Del Sol Zigoni Sacco Menichelli

TORINO: Vieri Poletti Fossati, Puja Trebbi Agroppi, Carelli Ferrini Combin Moschio Facchin

Carelli vestiva la maglia numero 7, a lui toccava portare in campo l’ anima del nostro eroe. Il Toro, quel giorno, giocava in 12, Meroni era lì con loro, e si vedeva! Tre minuti e Combin segnava. Altri 4 minuti e Combin per il 2-0. La curva era un delirio. Non ricordo di aver mai visto tanta gente ridere e piangere contemporaneamnete come in quel momento. Avevo un groppo in gola, pur essendo bambino di 7 anni l’emozione mi aveva sopraffatto. Poi vedevo mio padre e l ‘ amico Bruno piangere anch’essi La partita finì con il terzo gol di Combin ed il suggello finale proprio di Carelli. Il grande Gigi, la frafalla numero 7 aveva messo la firma, da lassù. Si era congedato dai suoi tifosi un ultima volta. Solo un tifoso del Toro può sentire questi richiami, può vivere di queste sensazioni. Siamo unici , ricordiamocelo e diciamolo ai nostri figli.

Forza vecchio cuore granata

Riccardo Bussone

Il derby che ricordo più vivamente e per cui ho goduto di più fu la tripletta in meno di 5 minuti appioppata ai gobbi il 27 marzo 1983 da Dossena, Bonesso e Torrisi. Da 0-2 a 3-2 in un baleno. In campo i nostri sembravano i cavalieri dell’apocalisse. Non si ebbe il tempo di gioire per il Gol della bandiera che già eravamo al pareggio. E senza riprendere fiato, in vantaggio. Tutto da rifare, zebre!

Ma quel derby finí senza beffe…per noi! Sembrava di essere in orbita.

Tornato in treno da Torino mi ricordo che mio padre, granata come me, aveva seguito la sintesi in TV. Aveva anche telefonato a mio zio (suo cognato – gobbo per sua sfortuna) per chiedergli maliziosamente com’era finito il derby, perché “non si capisce… da noi è saltata l’antenna”…che goduria.

Certo la squadra e tutto il popolo granata godono ancora oggi a rinfacciarlo ai gobbi che si ingobbirono più che mai quella domenica.

Peccato che l’Avvocato Agnelli se ne fosse andato alla fine del primo tempo come suo solito: cosa si era perso! Eh eh!!!!

Ivan Favarin

Ne avrei 2 da raccontare in verità.

Il primo è quello dell’ iniziazione: avevo 8 anni (1977 credo) ero alla casa al lago con i miei nonni e il nonno Antonio passeggiando per le vie del paese mi chiese per quale squadra tifassi: risposi la Juve ed il Torino! Mi fece capire che non era possibile essere tifoso di 2 squadre….e mi informò che proprio quel pomeriggio era in corso il derby. Decisi che la sorte avrebbe scelto per me. Vinse il Toro 3-1 con reti di Pulici e Graziani e cosi diventai un granata.

Crescendo capii che non fu il caso: a me piace soffrire partire apparentemente in svantaggio ma poi sorprendere e alla fine vincere contro tutto e tutti e mantenermi comunque dignitoso nella sconfitta.

Ma il derby che mi ha emozionato di più che ancora oggi mi fa venire i brividi e la pelle d’oca è quello dell’1983 quello della clamorosa rimonta da 0-2 a 3-2 in 5 minuti.

A casa mia non si poteva accendere la TV senza la presenza dei genitori in casa. Ricordo avevo un televisore bianco e nero Saba… ma quel pomeriggio i miei non c’erano ed io mi fiondai in sala per vedere domenica in durante la quale scorrevano in sovrimpressione i risultati. Sullo 0-2 mandai a quel paese tutti quanti e spendi. Riaccesi dopo qualche tempo e vidi apparire 2-2: rimasi di sasso per qualche infinito istante poi corsi verso la cucina per accendere la radio su “tuttoilcalciominutoxminuto” (si proprio tutto insieme è più bello) e nell’accendere dopo il classico gracchio iniziale della radio alla ricerca della sintonizzazione sentii un boato “oooooooooo” e la voce di Ameri che disse “scusate qui é Torino il Toro ha segnato ancora 3-2 grandissima rete di Torrisi“…sogno o son desto? Ma vaiiii!!! Uscii sul balcone gridando con tutto il fiato in gola verso il balcone dell’amico juventino che abitava proprio di fronte a me: goooooooollll!!!

Non si fece vedere ma nel tardo pomeriggio, incontrandomi, mi strinse la mano e si complimentò per la meritata vittoria.

Un abbraccio da Renato Di Noia di Brescia

"“Quaranta euro buttate nel cesso!” Peggio ancora: “Quaranta euro regalate ai cugini!” Una beffa! Come se non bastasse, cornuti e mazziati. Come sempre. In Maratona accalcati e gremiti a formare un muro granata pronto a reggere tutto, almeno nelle intenzioni. Dei tre anelli in cui era suddivisa la curva al Delle Alpi, puntualmente il primo e il terzo andavano a svuotarsi dei relativi possessori di tagliandi che si univano fisicamente e carnalmente ai colleghi del secondo. Compatti e uniti contro il destino avverso. Contro il nemico strisciato che riempiva gli altri settori dello stadio. Solita sfida impari. Ricchi contro poveri. Tanti contro pochi. Del Piero contro Dellicarri ! Ma nonostante tutto, la voglia di esserci, di crederci, di sperare che prima o poi qualcosa sarebbe potuto andare in maniera non scontata, non prevedibile, non pronosticabile. Il tutto condito dalle fantasie e dai sogni di ragazzo; di quello che il lunedì comunque a scuola si va con la sciarpa granata, che sia dopo Madrid o dopo Licata. Pronti, partenza, via. All’ingresso delle squadre in campo si domina, come sempre, per intensità, volume, fantasia e coreografia. Noi la passione, loro…non lo so, fatti loro! Pochi minuti dopo però…uno a zero, due, tre! Minchia, siamo a malapena a metà del primo tempo! Ma si deve reggere, ci si deve sforzare di tenere la testa alta, comunque! A un quarto della partita è già un calvario: domenica da paura, chissà il lunedì! Siamo alle solite: “Ma chi ce l’ha fatto fare!” Al duplice fischio lo sguardo incrocia quello del babbo, presente anche lui, lì, fedele da una vita, in mezzo a quel muro. “Andiamo?” Avrei accettato volentieri l’invito di risparmiare lavoro extra a fegato e coronarie, però cazzarola: 40 euro a cranio! Giochiamo fuori casa, oltretutto gli abbiamo pure regalato un botto di soldi. Almeno per noi gente comune, magari è niente per loro. Ma a me rode come non mai. “Facciamo così: saliamo al terzo tranquilli, poi vediamo.” Ci mettiamo in piccionaia, ultima fila di seggiolini. Come a voler prendere le debite distanze. Come a non voler farsi contagiare da quel solito strapotere che si fa prepotenza e oltraggio. A debita distanza, almeno, per non beccarsi il fumo passivo, del cannolo che si aggira tra le labbra di Lippi. Prima gioia al rientro in campo, ci accontentiamo di poco ma almeno… “Osmanovsky-no” resta negli spogliatoi, in campo Ferrante! Poverino Osmanovsky, bravo ragazzo, ma perché li prendiamo tutti noi? Semioli silurato per Vergassola: a noi i miracoli dei Baloon Boys ce li possono raccontare solo più i nonni! Dai che almeno fermiamo l’emorragia. Si riparte: Lucarelli dopo dodici minuti la butta alle spalle di Buffon, sotto di noi! Scendiamo di qualche gradino, giusto per farci più prossimi, per ringraziare chi ha avuto il coraggio di alzare la testa. Coriaceo e testardo amaranto livornese. Vicino nel sangue alla nostra essenza granata. Altrettanti 12 minuti e…Rigore per noi. “Papa? Io non guardo, ma se segna scendiamo ancora di qualche gradino?” Ferrante!!! Ecco, giusto per illudersi un po’ , giusto per avere il contentino… Però ci credono, lottano, si sbattono. Siamo ormai arrivati alla balconata del terzo, sotto di noi il cuore pulsante del secondo anello, ancora più sotto, sul prato verde Antonino, il barista di Monza, che sulla fascia è un trattorino inesauribile. Si fuma Pessottino ( già, il solito che osannato da noi dopo essere stato un perfetto nessuno ha scelto la gloria e il luccichio del padrone). Fuma anche Marcellino, in panca: che sia davvero preoccupato? La mette in mezzo, Antonino: Gigione fa il miracolo su Ferrante ma arriva Maspero, che il miracolo lo fa per davvero: 3 a 3!!! Che goduria, meglio di un terno al lotto. Una rivincita della giustizia sull’ingiustizia. Improvvisamente i 40 euro di cui sopra erano come tornati sull’iban di mio padre: con gli interessi!!! Che rimonta ragazzi. Che spettacolo essere rimasti, aver resistito, averci creduto nonostante tutto! Neanche tempo di pensarci e di godere a pieno il momento che arriva un fischio, non il triplice. Il solito, triste, immancabile schiaffo al nostro orgoglio. Rigore per i cugini, a poco più di 5′ alla fine. Minchia! E’ stato tutto bello, li abbiamo fatti penare. Almeno se la sono dovuta sudare. Il cuore toro si è visto e, tutto sommato, siamo già felici così. Mi fermo qui, la realtà ora ha bisogno di una pausa. Necessità di uno stop per potersi permettere di continuare a sognare. Chiudo gli occhi e immagino che Ricky di miracolo ne inventi un altro, scavando nel profondo dell’ingegno e di quel cuore, granata, che pulsa più che mai. Immagino che capitan Valentino, dal cielo, prenda il pallone scagliato dal cileno Salas e lo porti alle stelle, magari nel terzo anello dei miei dirimpettai in pigiama. Mi cullo nel mio sogno, fratelli granata, e mi addormento sereno: fiero di essere uno di voi!

"Fantone Fabio

Il mio derby indimenticabile? Troppo facile, quello del 27 marzo 1983 che io, all’epoca 16enne, e mio fratello, di un paio d’anni piu’ piccolo, ascoltammo in radio nella nostra casa di Roma. Noi due in camera, rigorosamente con la porta chiusa, a palpitare e soffrire seguendo con la fantasia la vivacissima radiocronaca di Enrico Ameri a Tutto il calcio minuto per minuto. In un’altra stanza, una trentina di metri piu’ in la’ dalla nostra, c’era papa’ che per non soffrire troppo preferiva guardare in compagnia della mamma un programma in televisione, mi pare fosse di Renzo Arbore che a lui piaceva tanto. Papa’ aspettava che noi aprissimo la porta della nostra camera per aggiornarlo sugli sviluppi della partita. Match che si era subito messo male con il gol, regalato dalla difesa granata, di Paolo Rossi dopo appena un quarto d’ora. E che sembrava chiuso al 65esimo quando Platini ribatte’ in rete una respinta su rigore di Terraneo.

A casa c’era un rito che ancora ricordo con nostalgia e affetto: se segnavano gli avversari, io e mio fratello aprivamo quella porta e comunicavano da lontano a papa’ la ferale notizia per poi richiuderci dentro. Ma se era il Toro a fare gol, partiva una gara tra noi fratelli, una specie di corsa a chi per primo si buttava letteralmente a corpo morto su papa’, con il rischio di fargli male, esultando di gioia come animali in calore. Sul 2-0 dei pigiamini nessuno avrebbe scommesso una lira (l’euro doveva ancora arrivare) su una riscossa dei nostri beniamini. Sconforto, avvilimento, l’ennesima incazzatura per una domenica (si’, una volta si giocava solo di domenica) cominciata con il solito bagaglio pieno di belle speranze e finita mestamente. E tanta amarezza nell’anima al solo pensiero degli sfotto’ del giorno dopo di alcuni compagni di classe, nati a Roma, come noi, ma incomprensibilmente tifosi della Juventus. Ma quel giorno, quel 27 marzo di 37 anni fa, successe davvero l’impensabile.

L’inimmaginabile. Nel giro di tre minuti il Torino riusci’ a ribaltare la gara. Prima Dossena, poi il giovane Bonesso che aveva appena sostituto Borghi, e infine Torrisi con una mezza rovesciata che non gli deve essere piu’ ricapitata, annichilirono una Juve  fatta solo di campionissimi e di Nazionali  portando il match sul 3-2. E io e mio fratello, per tre volte, spalancammo quella porta e ci gettammo su nostro padre il cui sguardo incredulo ancora me lo ricordo. Al gol dell’1-2 si era rivitalizzato un poco ed era riemerso dal cuscino che aveva compresso alle spalle a mo’ di poggiatesta. A quello del pari aveva sgranato gli occhi quasi a voler sognare l’impresa, ma a quello del vantaggio pensava stessimo davvero scherzando e, preso atto durante la nostra corsa verso di lui che si’, il Toro aveva appena infilzato Zoff per la terza volta, subi’ felice l’assalto di due ragazzini invasati e urlanti. A quel punto, poiche’ al triplice fischio mancava poco piu’ di un quarto d’ora anche nostro papa’, mollando la mamma al suo destino davanti alla tv, decise di venire in camera nostra per seguire tutti assieme il finale di gara.

Una sofferenza che sembrava infinita ma che ci regalo’ un godimento da sballo per un successo che il giorno dopo ci rese insolitamente spavaldi e fieri a scuola. Uno dei pochi lunedi’ scolastici che ricordo ancora con soddisfazione. Ma di quella domenica non posso dimenticare il caos che io e mio fratello facemmo in camera, travolti da una girandola di emozioni legata al destino di quella partita, ma soprattutto la faccia sempre piu’ stravolta di papa’ quando l’apertura della nostra porta per ben tre volte, nel giro di pochissimi secondi, fu preceduta da urla disumane di giubilo. Che impresa storica. Inutile aggiungere che il Toro concluse li’ il suo campionato collezionando 4 sconfitte e un pareggio e finendo il torneo all’ottavo posto. La squadra il suo dovere lo aveva fatto, quel derby fu uno squarcio di sole su una stagione disputata in modo mediocre. Alla fine fu la Roma (altra squadra che mai mi e’ stata simpatica pur vivendo da sempre nella Capitale) a vincere lo scudetto che i bianconeri persero grazie a noi. Fui presente allo stadio nel derby vinto (in modo fortuito con la Juve che prese tre legni) nell’aprile del 2015. Mi usci’ una lacrima pensando a mio padre che se ne era andato nel 2000 e che da lassu’ avrebbe sicuramente gioito. Ma pensando soprattutto a quel 3-2 leggendario e a quei ripetuti abbracci con papa’ sul lettone della sua camera. Dolci ricordi di famiglia che mi accompagneranno per sempre e per i quali devo dire grazie al mio povero derelitto Toro.

Gian Franco Coppola

Era il 2 ottobre 1957 domenica di derby al Fila avevo 8 anni e mio padre mi aveva promesso di portarmi a vedere il Toro.

"Allora si giocava alle 14.30 era una bella giornata di sole ed io non riuscivo a stare nella pelle dalla emozione.

"Il Fila mi sembrò un tempio una cosa grandiosa immensa tutta quella gente ai botteghini le bandiere che cosa magnifica.

"Entrai con papà e mamma ci mettemmo vicino alla rete quasi a centrocampo.

"L attesa era spasmodica ma finalmente uscirono i calciatori il toro con maglia granata calzoncini bianchi .

"Ricordo il ruggito della Maratona e l’urlo di tutti i tifosi.

"Inizia non riuscivo a capire molto ma ricordo che vedevo solo le azioni del Toro poi l apoteosi segna Armano 1 a 0 per il toro poi jepson 2 volte mi sembrava tutto incredibile poi per finire Arce finì 4 a 1 per noi ma il gol degli altri non lo ricordo .

"Il Toro purtroppo non mi farà sempre sognare come quella domenica ma non ho mai smesso di amarlo

"Carlo di Genola

La mia prima raccolta di figurine Calciatori Panini che avevo completato era quella relativa al campionato 72-73, ero già tifoso del Toro semplicemente perchè mio papà, nato a Torino, era un grande appassionato di calcio ma soprattutto un grandissimo tifoso granata così come mio nonno paterno. Impossibile resistere ai suoi racconti del Grande Torino, di quando mio nonno lo caricava sulla “canna” della bicicletta e lo portava al Filadelfia. Siamo al campionato 73-74, avevo 8 anni e un giorno mi disse: “Mi raccomando, se sarai bravo, farai bene i compiti magari la prossima domenica ti porto a vedere il Toro”… Inutile dire che nei giorni successivi mi addormentavo e mi svegliavo con una gioia mista a curiosità, ansia e trepidazione. Si giunse quindi alla fatidica domenica di aprile, uggiosa e piovosa, mia mamma che diceva se era proprio il caso di andare allo stadio con quel tempo e mio papà che la rassicurava. Proprio per via delle condizioni meteorologiche mio papà aveva fatto uno strappo ed invece che andare, come faceva di solito lui, nei distinti decise di prendere due biglietti per la tribuna laterale ovviamente coperta. La partita era una signora partita con tanto di avversario blasonato: Toro – Milan!

Il Milan schierava ancora qualche giocatore dello squadrone degli anni ’60 come Rivera e Anquilletti poi c’erano Chiarugi, Bigon, Sabadini, il tedesco Schnellinger e i rossoneri avevano vinto la Coppa Italia l’anno precedente. Il primo impatto che mi affascinò fu la folla che si muoveva per raggiungere gli ingressi poi appena salite le scale che portavano all’interno dello stadio rimasi abbagliato dal verde del terreno di gioco reso ancora più brillante dalla pioggia che cadeva. Proprio a causa della pioggia insistente in curva Maratona non si vedevano molte bandiere cosa che mio papà mi fece notare raccontandomi che di solito c’erano molti più vessilli granata che sventolavano. Poi l’ingresso delle squadre, le maglie granata che mi sembrarono ancora più belle di come me le potevo immaginare, erano quelle classicissime, in lanetta, girocollo, maniche lunghe, calzoncini bianchi e calzettoni neri con risvolto granata.

Il Milan per ovvie ragioni cromatiche si presentava in bianco con bordi rossoneri. Ricordo altrettanto bene il lancio della monetina a centrocampo con la terna arbitrale e i due capitani Ferrini e Rivera. Dopo un quarto d’ora rigore per noi! Pulici va sul dischetto, rincorsa e…goal! Non senza qualche brivido dato che Pupi calciò piuttosto centrale e solo il fatto che Pizzaballa si tuffò su un lato permise al pallone di gonfiare la rete! La partita, per come la ricordo io, fu comunque intensa e ricca di ribaltamenti di fronte, in particolare apprezzai il gran lavoro che faceva sulla fascia destra il numero 7 che in quel periodo era portato da Graziani con mio papà che mi diceva che gli piaceva come si dava da fare quel ragazzo arrivato da poco al Toro. Contemporaneamente osservavo tutto ciò che mi circondava, dal venditore di caffè e liquori mignon ai cartelloni pubblicitari agli altri spettatori vicino a noi. Il rientro a casa fu accompagnato da mille parole tra me e mio papà, tutte relative alla partita appena conclusa. E il mattino dopo, a scuola, tronfio della mia esperienza a raccontare ai compagni estasiati che razza di domenica avevo trascorso! Da quella domenica di aprile del 1974 quante altre volte sono entrato al Comunale con mio papà. Di solito sia andava sempre a vedere la prima gara della stagione (per vedere com’è la squadra…) e sovente l’ultima (perché poi c’era tutta l’estate senza calcio) e in mezzo altri incontri soprattutto nel periodo primaverile, raramente durante l’inverno (fa troppo freddo). Di norma nei distinti o nel rettilineo tribuna. Poi iniziarono anche le trasferte, Milano e Genova perchè più alla portata, ma anche Verona, Firenze, Bologna, Como, addirittura Roma, con il Torino Club locale o anche per conto nostro.

Però io iniziavo ad essere molto attratto dallo spettacolo della Maratona, capitava che mio papà mi dicesse:” ma dove guardi? la partita e da questa parte…” mentre io invece restavo affascinato da quei cori, da quel rullare di tamburi, dagli striscioni, dai bandieroni! E così iniziai a chiedere di andare una volta in curva con mio papà che nicchiava, sei piccolo, non vedresti niente, li si sta schiacciati e così via. Ma giunse anche quel momento, proprio l’anno indimenticabile del settimo scudetto, un Toro – Cagliari in una giornata caldissima e soleggiata che finì con un trionfale 5-1. Ormai mio papà se n’è andato da molti anni, troppo giovane e sinceramente a me questo cosiddetto calcio moderno piace proprio poco, vado ancora allo stadio ogni tanto ma forse chi ha visto il calcio di quegli anni e chi vestiva la maglia granata in quegli anni (soprattutto come la vestiva) trova una certa difficoltà ad adattarsi a ciò che si vede in campo ora. E poi non mi piace il “calcio-spezzatino”, non mi piacciono i simulatori, mi mancano i giocatori bandiera, insomma tornerei volentieri a rivedere con gli occhi di adesso quel Toro – Milan stagione 73-74.

G.L. Ottone

Il mio derby del cuore è anche il primo che ho visto dallo stadio in vita mia. Era il 26 aprile 2015 e ricordo le fatiche fatte in settimana per trovare con mio padre un biglietto per assistere alla stracittadina dalla curva Maratona. Un sogno che alla fine siamo riusciti a portare a compimento e, che dire, meglio di così non poteva andare. All’epoca avevo 15 anni e non ero mai riuscito a vedere un derby della Mole dallo stadio. Dopo tante richieste andate a vuoto, finalmente, quell’anno mio padre – anche lui grande tifoso granata – decise di regalarmi il biglietto della partita come regalo per il mio compleanno (sono nato il 25 aprile). Nessun altro regalo sarebbe stato più gradito.

L’agitazione e l’emozione per me era tanta, ma una volta entrato allo stadio tutte le mie paure svanirono sotto i cori della curva Maratona. E pensare che le cose sembravano mettersi male. Al 35′ la Juve passò in vantaggio con Pirlo. “Ancora tu?!” – pensai – “Non è possibile, non di nuovo”. Dopo un primo momento di sconforto, tornai subito a cantare fino al 45’quando Darmian, su svarione della difesa bianconera, fece 1-1. La voce però la persi 12′ più tardi, quando al 57′ Quagliarella mise in porta il pallone del 2-1. Estasi totale o, come diceva Ventura, libidine! Poi ricordo tanta sofferenza fino al 90′ e oltre, ma alla fine ce la facemmo. Torino era finalmente tornata granata!

Andrea Santori

Torino 2-1 Juventus 26/4/2015. Unico derby vinto che nella mia corta vita da diciottenne abbia mai visto, come potrebbe non essere il primo ricordo quando penso a un derby. Mi ricordo di averla vista a casa di un mio amico e insieme a suo padre entrambi juventini. Mi ricordo al gol di Pirlo di aver pensato che come sempre avremmo perso il derby, ma poi Darmian e Quagliarella mi hanno regalato una delle emozioni più belle da tifoso del Toro vincendo un derby in rimonta e per me che mi trovavo in casa di uno juventino la goduria fu tripla!! Abbiamo tutti bisogno di ritornare a gioire in quel modo e non vedo l’ora che accada! Sempre Forza Toro.

Tommaso

Il derby della Mole… Solamente sentendo questo nome la mia mente viene improvvisamente attraversata da una potentissima pioggia di ricordi, capace di riportarmi con il corpo ed il cuore li: a casa del nonno, seduto sulla mia poltrona, assieme alla mia famiglia granata, pronto a vivere il momento più importante dell’anno: Torino-Juventus. Spesso si dice che le partite vadano affrontante sempre con la stessa mentalità e pensando che abbiano tutte la stessa valenza… Per me non è affatto così! Il derby è l’unica partita dove non conta solamente il risultato ed i goal; bensì, in un match del genere, incide notevolmente anche ciò che la squadra riesce a trasmettere nel cuore dei propri tifosi!

Una partita che mi ha lasciato il segno è senza dubbio quella del 1 Dicembre 2012. Mi piacerebbe tralasciare il risultato e soffermarmi in un’azione nello specifico. Il fallo commesso dal giocatore che poi sarebbe diventato il capitano: Kamil Glik!

Nel bel mezzo del match si è scagliato improvvisamente in scivolata contro Giaccherini. Si è trattato di un gesto che mi ha impressionato visto che, successivamente, è stato costretto ad abbandonare il campo. Ricordo chiaramente che durante quell’azione non ho visto solamente un’infrazione di gioco, ma molto di più. Ho percepito un gesto disperato, un urlo silenzioso il cui scopo era quello di denunciare tutte le ingiustizie e dimostrare che, nonostante le problematiche il Torino non sarebbe rimasto immobile, ma avrebbe combattuto fino alla fine senza mai mollare. Ovviamente il risultato finale è stato  chiaro: 3-0 secco per i padroni di casa. Eppure durante quella partita è accaduto qualcosa che è riuscito a superare il risultato: un grido di rivoluzione, la scintilla capace di innescare l’incendio. Purtroppo, oggigiorno, il Toro non riesce a regalare le emozioni date negli anni d’oro, ma sono sicuro che, con l’appoggio di noi tutti tifosi il colore granata si rialzerà e, come una fenice che risorge dalle proprie ceneri, tornerà a brillare.

Enrico Penzo

La scorsa settimana

In televisione su Rai sport trasmettono uno speciale sullo scudetto del nostro TORO 1975/1976

E quale migliore occasione per andare anche a riscoprire i filmati ed i risultati dei tanti derby combattuti con l’odiata “gobba” (in passato con risultati sicuramente più soddisfacenti di quelli delle ultime annate ….. sigh.

Potrei scrivere fiumi di parole ricordando tutte le più assurde storie di scaramanzia, di gesti compiuti, di cose belle o brutte legate ad ogni singolo incontro; potrei raccontare della mia fidanzata ed ora moglie che con sentimento misto di gioia, preoccupazione e giusta disapprovazione condivideva e condivide tutt’ora le mie psicosi derbistiche.

Ma di tutte le battaglie sostenute dentro e fuori lo stadio in quelle drammatiche giornate mi torna in mente un simpatico episodio.

Tutto risale al mio ultimo derby visto allo stadio, un bel 2-2 del 1988 ed alle seguenti partite viste in TV quando ancora venivano trasmesse in chiaro e sui canali nazionali……

Correva l’anno 1993 quando ricevetti “un’amichevole daspo” dal mio buon suocero che mi invitava caldamente a non guardare più il derby a casa sua… e tutto ciò solo perché quel giorno, dopo l’ennesimo rigore non fischiato contro i cugini, demolivo parte dell’arredamento di casa concludendo il mio show con un preciso destro dritto nella scatola dell’interruttore della luce facendo saltare il contatore generale.

Dopo un esilio forzato, in una splendida domenica del 9 aprile 1995 (derby vinto 2-1 con doppietta del grande Rizzitelli) preferii isolarmi per evitare che il popolo civile potesse vedermi nelle mie molteplici trasformazioni durante la partita.

Diedi allora precise coordinate ai miei cari del mio luogo di sofferenza (neanche partissi per la guerra) e mi recai nel mezzo di un bosco dell’astigiano munito solamente di:

– radiolina portatile

– coperta da campo

– acqua

– immancabile bottiglietta di amaro Ramazzotti

– bandierone scaramanticamente sistemato nella mia mitica Panda 30.

Verso le 17 tutto il paesino sentì un gran baccano vedendo arrivare un’auto rumorosa sulla quale nel frattempo si erano aggregate 7 persone, con clacson e trombe che squillavano all’impazzata, ed il bandierone che orgogliosamente sventolava.

In quel piccolo paese tranquillo non si resero conto di quanto fosse accaduto, ma almeno mia moglie (alla quale vanno ancora oggi i miei ringraziamenti per la sopportazione delle mie “paturnie granata”) capì che ero sopravvissuto anche a quella battaglia.

Purtroppo in questi giorni ci rendiamo conto che le vere battaglie sono altre, molto più impegnative e drammatiche.

Per cui cari amici di sofferenza GRANATA E NON…. BUONA SALUTE A TUTTI

Marco Millo

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