“Esci dalla storia
LOQUOR
Il calcio, i soldi, il potere, il mercato, le tv

ZURICH, SWITZERLAND - JULY 20: Comedian Simon Brodkin (not pictured) throws cash at FIFA President Joseph S. Blatter during a press conference at the Extraordinary FIFA Executive Committee Meeting at the FIFA headquarters on July 20, 2015 in Zurich, Switzerland. (Photo by Philipp Schmidli/Getty Images)
che ti trattiene”
Oprah Winfrey
La vita è anche una questione di fortuna e di eventi naturali, e nessuno può immaginare che il 4 luglio del 1954, giorno della finale dei Campionati Mondiali di Calcio tra la favoritissima Grande Ungheria e la Germania Ovest, a Berna pioverà. Siamo alla vigilia di una “origine”(ogni storia ha una sua origine e il suo peccato originale), quella che determinerà definitivamente l’ingresso dei mercanti del tempio del calcio, dal quale non ne usciranno mai più. Siamo all’inizio di un processo che trasformerà la Fifa da una organizzazione dilettantistica nata a difesa del calcio come sport senza scopo di lucro, alla girandola di affari odierni di cui non si conosce la fine e a volte nemmeno il reale scopo. Adi Dassler convince Sepp Herberger, l’allenatore dei tedeschi, a far indossare ai suoi giocatori delle scarpe speciali con i tacchetti regolabili, cosa che consente ai bianchi di Germania di aumentare la stabilità, rispetto ai giocatori magiari, su un terreno che con il passare dei minuti diviene sempre più fangoso e scivoloso. I tedeschi ribaltano lo 0-2 iniziale, e con il 3 a 2 finale riescono a compiere il “Miracolo di Berna”, portandosi la “Coppa Rimet” a casa. I giornali tedeschi tributano anche un il merito della vittoria anche alle scarpe di Adi, che nel frattempo diventa una delle persone più potenti in Europa, cosa che gli consente di poter regalare le scarpe agli atleti delle Olimpiadi di Melbourne del 1956, investendo sul ritorno pubblicitario e instaurando un modello di rapporto tra sport e sponsor in vita ancora oggi. Quando vent’anni dopo incontra Sepp Blatter, chiamato nel 1974 dal neo eletto alla presidenza della FIFA Joao Havelange per implementare lo sviluppo delle risorse economiche dell’organizzazione mondiale del calcio, i due si capiscono al volo, e con il dirigente svizzero comincia una storia di monopolio dell’area commerciale della Fifa, creando una società, la “International Sport and Leisure”, di fatto si erta a collettore di tutto il denaro incassato dalla FIFA. Siamo nella prima metà degli anni 80 e il calcio sta per avere delle altre importanti svolte finanziarie, perfettamente coerenti con l’origine della finale di Berna. Quando Irving Alan Scholar, da presidente del Tottenham, decise nel 1983 la quotazione degli “Spurs” in Borsa, il commento di Matt Busby, fautore del mito del Manchester United, fu laconico quanto molto esplicativo: “la quotazione della prima squadra di calcio in Borsa, è l’inizio della fine di questo sport”. Sir Matt aveva intuito una cosa facilmente intuibile per chi vive in un sistema da capitalismo puro come quello anglosassone, ovvero che il mercato ha il bisogno fisiologico di espandersi e di mutare continuamente, e ha anche bisogno di crisi cicliche per rigenerarsi. La stabilità è nemica dei profitti o delle ipotesi di profitto, è calcificazione del desiderio di ottenere qualcosa in più rispetto ai desideri degli altri. Il processo dialettico hegeliano è il mito da inseguire, e non importa se nel calcio questo ha voluto dire fare profitti sovente su una catena inesauribile di debiti. La strategia di Scholar fu anche quella di coinvolgere ancora di più la tv, piegando l’evento agonistico alle esigenze dell’audience. Ovviamente questa sottomissione fu fatta in cambio di una montagna di denaro, che nel tempo, e con la nascita delle piattaforme streaming in concorrenza tra loro, crebbe in dismisura fino a divenire una delle fonti di guadagno principali dello sport più seguito al mondo. L’invadenza del calcio nei palinsesti tv, diede un impulso incredibile a quello che Adi Dassler aveva prefigurato nel 1954 e nel 1956 coinvolgendo l’immagine dei calciatori nella produzione delle sue scarpe sportive.
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I diritti d’immagine diventano infatti una cornucopia di profitti che stravolgono il mercato pubblicitario e quello del mercato calciatori. Siamo ancora lontani dalla trasformazione dei calciatori da “merce” a “prestatori d’opera”, giustamente sancita dalla “Sentenza Bosman” emessa dalla Corte Europea di Giustizia nel dicembre del 1995, ma il “Rapporto Taylor”, che con 350 milioni di sterline di investimento obbliga i club inglesi a “ridisegnare” il mondo infrastrutturale degli stadi, i soldi provenienti dalla Borsa e nuove modalità, molto profittevoli, di sfruttamento del “merchandising”, fanno irrompere nel calcio continentale il modello “Premier League”. Quando aveva fondato la sua azienda di scarpe nella Baviera profonda, Adi Dassler non aveva ancora idea di cosa fosse la tv e di come Rupert Murdoch avrebbe modificato per sempre il concetto della gestione aziendale del calcio. Nel 1991 “BSkyB”, nata dalla fusione tra “Sky Television” e “BSB”, siede su due miliardi di sterline di debito, e Rupert Murdoch capisce l’urgenza di inventarsi qualcosa, e questo qualcosa si tramuta fattivamente con l’acquisizione dei diritti tv della neonata “Premier League”, strappati dopo un’asta sanguinosa con “ITV” e “BBC” per la cifra monstre di 304 milioni di sterline. I club della nascente Lega, che si erano distaccati dalla “Football League” proprio per avere la possibilità di trattare autonomamente e con più profitto i diritti tv, avevano vinto la loro battaglia per aumentare i loro ricavi. Da questo accordo nasce anche la fortuna di “Sky”, che poi lo replica sottoscrivendolo con altre Leghe europee. La Borsa e le tv hanno reso possibile il nuovo status dei club calcistici, che da espressione di storie popolari e culturali, e con sistemi di gestione d’impresa atipiche, si modificano in delle vere e proprie società di capitali. Non si tratta ora di stabilire se questo sia stato un bene o un male per il calcio, ognuno giustamente si tenga le proprie opinioni in merito, ma semplicemente di rilevare la scomparsa in Europa del calcio come fenomeno sociale e culturale. Il concetto del “valore della maglia” viene soppiantato dalle necessità del mercato, e la “Sentenza Bosman” trasla molto del potere detenuto dal gioco più seguito al mondo ai giocatori, e soprattutto impone la figura del “procuratore” come nuovo punto di equilibrio della gestione delle cose. Qualcuno sostiene come il costo di produzione dell’evento calcio sia lievitato enormemente a causa della “Sentenza Bosman”, e se questo è vero sostanzialmente in parte, occorre ricordare ciò che ha detto qualche tempo fa Karl Heinz Rummenigge, ex grande calciatore e oggi dirigente del Bayern di Monaco: “il problema più grande è chi può aumentare ancora lo stipendio di Cristiano Ronaldo? Guadagna 70 milioni lordi, ossia 35 milioni netti. Chi può farlo? Il Psg? Forse qualche club inglese? E’ un modo di progredire non molto sano”. Il senso realistico teutonico di Rummenigge richiama al senso di responsabilità dovuta nella gestione dei club, anche alla luce del fatto che il mercato imposto nel calcio europeo ha reso sempre più ricchi i conventuali e più poveri i conventi. Tradotto: dopo aver rincorso sistematicamente il mercato e la finanza al fine di allargare e diversificare all’infinito i propri ricavi, la tanto magnificata “Premier League” oggi si ritrova a dover affrontare debiti per 9 miliardi di sterline. Sono queste, quindi, le logiche da impresa a cui ci si dovrebbe assoggettare? La rivoluzione dei club autorizzati ad inseguire il lucro, a quotarsi in borsa, a trattare con sempre più avidi procuratori, e dunque quella del debito? Le sagge parole di Rummenigge forse fanno capire come le colpe non è che si possano ascrivere solo ai procuratori resi eccessivamente forti dalla “Sentenza Bosman”, forse c’è dell’altro. Non varrebbe la pena provare a capire perché la “Bundesliga” sia la Lega meno indebitata d’Europa? Forse che i club tedeschi non comprano giocatori, e non siano costretti a trattare con i loro procuratori? Perché la Serie A ha 4 miliardi di debiti, la “Premier” 9, “La Liga” quasi 6, “La Ligue 1” tecnicamente fallita, e la “Bundesliga” invece rimane tranquilla con “solo” 700 milioni di debiti? Forse il Bayern di Monaco non vuole vincere? Occorre essere chiari: in qualsiasi altro settore d’impresa il Barcellona avrebbe già dovuto portare i libri contabili in tribunale.
Il sospetto è che lo sport renda ricchi tutti, sin dai tempi di Adi Dassler, tranne che lo sport stesso. Il sospetto è che si tratti di avidità non controllata e arginata, e non accordi con le tv, sentenze di tribunali europei, procuratori, marketing. Il 20 luglio 2015 il comico britannico Simon Brodkin si presentò ad una riunione della Fifa a Zurigo, e lanciò delle banconote(pare fossero 600 dollari) in faccia ad un attonito Sepp Blatter in procinto di cominciare una conferenza stampa. Brodkin con il suo gesto voleva protestare contro gli scandali finanziari della Fifa. Sepp Blatter fu sostituito da Gianni Infantino, e il miliardo raccolto per il surreale e assurdo campionato del mondo per club in scena dalla fine della prossima settimana negli Stati Uniti, dimostra come nulla sia cambiato da quando Adi Dassler scoprì che con lo sport si potevano fare tanti soldi. La leggenda narra che alla sua morte, Sepp Blatter volle restare da solo ad omaggiare la sua bara. Ma non ci si confonda: i mercanti hanno il senso del rimpianto, ma non assolutamente quello del sacro.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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