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Allo stesso modo dell’arte fine a se stessa di Malevic, riducendo un quadro al solo elemento del colore, nel calcio del “Mes que un Club” (molto più di una squadra) il pallone diventava l’unica via di espressione di una idea, contraddicendo in modo fattuale tutta la storia sociale dello sport più seguito al mondo. Brindare al conformismo era la parola d’ordine al tempo del “tiki taka” made in Pep, il quale ha recentemente dichiarato di non volersi spostare da Manchester, sponda City, avendo probabilmente ben compreso l’assenza di altri posti munifici fino all’inverosimile in cui andare a pascolare le sue idee da “Colazione da Tiffany” (ma Pep non si disperi, forse il fondo “PIF” presto trasformerà in terreno suprematista anche il Newcastle). “I successi economici dipendono da quelli sportivi” è l’aforisma preferito del presidente del club catalano Joan La Porta, che diventa quasi un ossimoro se messo di fronte al miliardo e trecento milioni di debiti presenti nel libro mastro del club da lui presieduto.
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Ovviamente la stampa amica (quasi tutta. Il conformismo è la parola d’ordine di “un cane da guardia” del potere mutato in “cane di compagnia”) si è affrettata a sottolineare il non tenere conto dei crediti di quel numero “passivo” dietro il quale si nasconde anche l’enorme patrimonio immobiliare e mobiliare dei “Blaugrana”, di cui si è ingolosita persino la potente banca d’affari “Goldman Sachs” generosa(si fa per dire) prestatrice di due miliardi di euro atto a dare ossigeno all’affanno finanziario dei catalani. Siamo alla tragedia mista a commedia, al “Don Chisciotte della Mancia” talmente appassionato dai racconti sulla cavalleria da dimenticarsi totalmente di occuparsi della caccia e dell’amministrazione dei suoi beni, giungendo al punto di vendere porzioni della sua terra per comprare altri romanzi cavallereschi da leggere.
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La perdita di senno e lo scollamento dalla realtà dell’Hidalgo della Mancia sono causa, nel corso del celebre racconto, della confusione tra desideri e coscienza di sè. Intanto, continuando in questa opera buffa 2.0, La Porta continua a fare campagne acquisti estremamente dispendiose al momento stoppate da Javier Tebas, il presidente della Liga, finché il Barcellona non rientrerà nei parametri finanziari in vigore nella massima serie spagnola. A questo punto, nonostante il reiterato ottimismo di La Porta, tra due giorni Franck Kessie e Andreas Christensen, i due giocatori presi a parametro zero, potrebbero svincolarsi dal club catalano e rimettersi sul mercato, mentre Robert Lewandowski rimarrebbe parcheggiato in tribuna in attesa che la severa burocrazia finanziaria della Liga gli dia prima o poi il permesso di poter registrare il suo tesseramento con la squadra guidata da Xavi Hernandez.
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In tutto questo bailamme il presidente del Barcellona, tra inni continui all’indipendenza della Catalogna e vendite da “Monte di Pietà” dei cespiti del suo club, sogna una “cripto valuta blaugrana”, l’entertainment connesso alla realtà virtuale, la trasmissione dei contenuti in streaming e lo sviluppo degli e-games. “Siamo – ha detto La Porta - una marchio globale ammirato e, grazie al nostro impegno sociale, amato in tutto il mondo”. Fa un po’ specie come si passi da una disperata caccia alla monetizzazione di qualsiasi cosa al dichiarare il proprio impegno sociale, come se il significato del valore delle parole non avessero più senso, come se la sottrazione del pensiero insito dentro di esse sia definitivamente dato per scontato. È il progettare una campagna di marketing stordente “dalla culla alla tomba”, orientando, fedele al “principio tattico dell’orchestrazione” studiato dalla comunicazione propagandistica, il tifoso non solo al consumo odierno ma anche a quello futuro. Ma pare tutto questo vada bene a tutti (anche perché il Barcellona fa parte dei “buoni”) e il cattivone di turno è Javier Tebas, reo di stare tentando di portare a più miti consigli il massimo movimento calcistico iberico.
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Come si permette il presidente della Liga a fermare il progresso del capitalismo, non sa come ogni forma di attività umana si basi sul debito? Il debito non è una colpa ma una incommensurabile fiducia verso il futuro, provare ad arginarlo sarebbe una ammissione di debolezza e ciò al “Mes que un Club” non sarebbe accettabile, La Porta è stato eletto presidente dall’assemblea dei soci proprio per questo. È inquietante osservare tanta scellerata gestione di un bene comune. È avvilente una stampa che non provi a fermare questa corsa senza senso. E’ imperdonabile la distruzione sistematica del valore sociale del calcio. E’ incomprensibile l’abbandono dell’etica da parte dello sport. E’ stupefacente la facilità con cui gli uomini di quest’Era mentono. Qualcuno sta creando nuove abitudini senza il necessario dibattito tra le parti, in sostanza una vita senza vita. Non andrà bene.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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