L'aperitivo prosegue in chiave amarcord con le quattro leggende che hanno la possibilità di condividere alcuni dei luoghi che più sono rimasti nei loro cuori. "Io sono legato - comincia Silvano Benedetti - alla sede di Corso Vittoria. Ho vissuto 5 anni nelle famose mansarde della sede, eravamo 30/35 ragazzi. Lì ho passato gli anni più difficili e più belli della carriera. L’esordio è stato meraviglioso. Ma anche andare a scuola la sera ti aiuta a crescere, con gente che lavora dalla mattina alle 8 fino alle 5: non è come andare con i coetanei". "La società di Corso Vittorio Emanuele 76 - prosegue Renato Zaccarelli - è indimenticabile, era un embrione. Le stanze erano piccole ma era bellissimo. Era compatta, c’era l’entrata, la segreteria e in fondo l’ufficio del presidente, che non c’era quasi mai ma era sempre dall’altra parte, dove c’era il tavolo dove poteva giocare a carte. Ma era vicino alla cucina, quindi facevi capolino “Buonasera presidente”, “Hai già mangiato? No? Allora siediti”, per approfittare e mangiare bene. Non è che mangiassimo male, però al pensionato le bistecche diventavano giganti. È stata una bellissima esperienza, dei compagni purtroppo uno (Fulvio Di Maio) è mancato per un brutto male". "Io sono legato - conclude Claudio Sclosa - alla vecchia pensione San Marco, in via Goito, vicino alla stazione. Il signor Plinio filmava tutti i ragazzi del Toro nelle giovanili e poi ce li faceva vedere: "Guarda com'era Zaccarelli". Perché quando eri lì mitizzavi quelli che erano del settore giovanile ed erano riusciti ad arrivare in prima squadra, come Renato (Zaccarelli, ndr.), Pulici, Dossena. Erano i nostri miti perché avevano fatto la stessa nostra vita, e noi speravamo di riuscire ad emularli".
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