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Decameron granata – L’idolo d’infanzia: “Si chiamava Giorgio, veniva da Trieste ed era il mio supereroe”

Giorgio Ferrini (foto wikipedia)

L’iniziativa / La sedicesima puntata della nostra raccolta di novelle tra i lettori

Marco De Rito

"Cosa narra il Decameron? Narra di un gruppo di giovani che per dieci giorni si trattengono fuori da Firenze per sfuggire alla peste nera che in quel periodo imperversava nella città, e che a turno si raccontano delle novelle di varie tematiche. Sull’idea di Giovanni Boccaccio vorremmo strutturare qualcosa di simile insieme a voi. Il Decreto #iorestoacasa ci costringerà giustamente a rimanere nelle nostre abitazioni fino al 3 aprile. E allora perché non sforzarci con la memoria e provare a ricostruire alcuni nostri frammenti di vita rigorosamente granata. Momenti che giacciono nella nostra testa, ma potrebbero tenere compagnia e regalare emozioni ad altri “colleghi di fede”. Come Toro News, vorremmo creare un casolare virtuale granata, sull’esempio di Boccaccio, così come le storie che vorremmo che voi condivideste con noi e con tutti gli altri “fratelli” del Torino. Un modo per tenerci impegnati e per liberarci per qualche momento dei cattivi pensieri. Continuiamo dunque con la sedicesima giornata di novelle.

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"Chi era il mio idolo dell'infanzia?

Si chiamava Giorgio, veniva da Trieste ed era il mio Super Eroe.

Si sa come sono i Triestini (vi ricordate di Nereo Rocco?) gente aperta e disposta ad ascoltarti ma gente temprata dalla Bora. Vento freddo, forte ed impetuoso. Giorgio era figlio di quel vento....

Si era Giorgio Ferrini, il capitano dei capitani con un record irraggiungibile di 566 presenze con la maglia granata! I soprannomi si sprecavano: diga, roccia, ma per me era "faccia d'angelo". Anche se poi in campo tanto angelo non lo era.

Il suo ruolo era centrocampista che sapeva dosare qualità e quantità , ora di giocatori così non se ne vedono più. L'unico che me lo ricorda vagamente è Kamil Glik, guarda caso anche lui capitano. Insomma Giorgio era un giocatore di temperamento. Non era uno che buttava a terra l'avversario arrivando da dietro. No lui lo faceva faccia a faccia pagandone le conseguenze. Me lo rivedo in un derby inseguire uno spaventatissimo Sivori che fuggiva terrorizzato. Quando c'era da menare non si tirava indietro, come nel mondiale in Cile del 1962 dove i cileni ci tesero l'agguato e noi ci cascammo. Giorgio, a causa del suo temperamento, venne espulso e ci rimise, per qualche anno, il posto in nazionale.Ma nel 1968 si rifece perché vincemmo gli europei. Giorgio, con gli altri giocatori di quella nazionale, venne insignito con il titolo di Cavaliare d'Italia!

"Quando penso a lui mi rammarico di due cose: la prima è che lui non volle giocare la partita dello scudetto contro il Cesena, nonostante che Radice lo avesse invitato, perché si era ritirato a inizio stagione. La seconda è che mi sarebbe piaciuto che lo stadio comunale portasse il suo nome, per tutti quegli anni che aveva indossato la maglia Granata.

Giorgio è mancato l'8 novembre 1976 a causa di una emorragia celebrale. Gli eroi non muoiono mai per cause naturali. Da allora per me Giorgio e il Toro vivono in simbiosi.

Grande Giorgio. Grande e irripetibile. Ciao e grazie!

Granata per sempre!

Bruno Giorsa.

Il 10/12/2016 andai a Torino con i miei nonni, mio fratello a  vedere il derby.

Il primo giorno andammo a vedere il Filadelfia dove si stavano ultimando le costruzioni.

Fu la prima volta che mi recai e il posto era speciale.

Fu come ripercorrere tutta la storia storia del Torino in un’istante.

La sera, una volta che arrivammo in albergo, parlammo fino alle 3 di come sarebbe stato il derby.

Finalmente arrivò il giorno che aspettavo.

La mattina io mio fratello e io nonno andammo a prendere il giornale è ci fu una scena molto simpatica dove mio nonno fermava tutti quelli che arrivavano al giornalaio e voleva che urlassero Forza Toro. Arrivò un signore juventino e fece una scommessa con mio nonno: chi era più anziano di due doveva dire inneggiare alla compagine avversaria. La vinse mio nonno e il bianconero fu costretto a urlare: “Forza Toro”.

Dopo arrivò il momento di andare allo stadio.

Ogni volta che si arriva al piazzale per me è sempre una gioia.

Non vivendo all’ombra della Mole, per me vedere così tante gente che tifa Toro è impossibile.

Perciò ogni volta che mi reco al Grande Torino è un emozionino indescrivibile.

Entrai allo stadio e mi salirono i brividi.

Il momento più bello è sempre la lettura della formazione e tutto lo stadio che canta l’inno.

La partita iniziò e il Torino non stava giocando male 

Al 16’ il Gallo segna. Lo stadio si trasforma in una bolgia.

Su sei derby che sono andato a vedere quella è che il Toro segnò.

Però come in tutte e sei le stracittadine, anche in quel caso i granata persero per 1-3. 

Finita la gara, delusi per il risultato, ma contenti per l’esperienza passata, assieme siamo tornati a casa. 

Riccardo De Rito

Ho 28 anni ,

in famiglia papà del Toro e mamma Juventina.

siamo nel 1997 ho cinque anni e non sapevo ancora bene per chi tifare.

Mio padre disse “ ti porto a vedere una partita della Juve e una del Toro

poi deciderai tu”

Ottobre ‘97 andiamo a vedere Juve - Fiorentina 2-1

La Juve aveva vinto lo scudetto la stagione precedente 96/97

Stadio pieno grande entusiasmo e nella Juve giocano Zidane,Del Piero,Inzaghi e Conte.

La settimana dopo andiamo a vedere Toro-Venezia.

Il Toro è in serie B da due anni.

Stadio semi vuoto MA LA MARATONA è PIENA

prendiamo 4 gol dal Venezia in quel momento nettamente

più forte. In quel Toro però giocano ASTA,FERRANTE, LENTINI e BRAMBILLA.

Perdono ma lottano come leoni.

All’uscita dallo stadio guardo mio padre e gli dico “ PAPA’ IO VOGLIO ESSERE DEL TORO”.

il DNA prevalente aveva fatto il suo lavoro.

Gualtiero Sabelli da Cumiana.

Continuate a mandarci le vostre novelle sulla mail redazionale (redazione@toronews.net) e, ricordatevi, l’argomento della prima settimana riguarda la vostra prima volta allo stadio. Non dimenticate di firmare l’email e soprattutto continuate a farci sognare e svagare in questo momento complicato per l’intero paese