Genova, Stadio "Luigi Ferraris" a Marassi. Domenica 28 ottobre 1984. Si gioca Sampdoria-Torino. Eravamo 35 631 spettatori. Arbitra Paparesta. In campo vanno la terna arbitrale, diciannove giocatori, dalla parte granata due campioni (Dossena e Zaccarelli) e un asso. "Schersa nen", ci direbbe lui leggendo queste note. Leovegildo Lins Gama, detto Junior, da Joao Pessoa, Brasile.
La Leggenda e i Campioni
Junior. L’allegria del Brasile
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Partiamo da qui, da una partita magari meno ricordata, ma in cui Junior ci fece letteralmente strabuzzare gli occhi. "Radice ha avuto il merito di cementare un complesso affiatato e irriducibile", il commento di Carlo F. Chiesa sul Guerin Sportivo. E se a centrocampo avevi il più forte giocatore con tocco "di prima" del campionato, tale Beppe Dossena da Milano zona San Siro, e lui, l'asso, Junior, allora il complesso jazz produceva di tanto in tanto degli a solo che neanche Wynton Learson Marsalis. "Il Torino è squadra molto ben organizzata tatticamente, forse la migliore per quanto riguarda la verticalizzazione istintiva della manovra che poggia sull'asse Junior-Dossena" Sandro Ciotti, RAI.
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Siamo partiti proprio da quel match, un po' dimenticato forse perché finito in parità 2-2, ma quello che vedemmo sul prato di Marassi, come riconosciuto all'uscita dai Distinti anche dai sostenitori doriani, fu puro spettacolo. Quel pomeriggio in campo c'era una squadra sola, la nostra. E quella maglia granata col numero 5 bianco. Il "5", come Falcao nella Roma, medio centro o "volante", come dicevano un tempo i sudamericani.
Apre le marcature il nostro libero Galbiati al 13', pareggia Graeme Souness sette minuti più tardi. Poi rigore per loro, ma Silvano Martina, portiere tutto nervi, devia a due mani, alla grande, la sfera tutta bianca "British style". E a questo punto, il capolavoro nella partita. Verso la Gradinata Sud, sotto i Distinti, punizione a favore del Toro sulla trequarti. È il 28'. Buona posizione per un traversone in area avversaria. Sulla palla, Junior. Ero alle sue spalle nei Distinti. Si vide partire un arcobaleno. La palla, colpita di collo interno, andò a descrivere un arco perfetto, per terminare la sua traiettoria all'incrocio dei pali alla sinistra di Ivano Bordon, vanamente proteso in acrobazia. Toro di nuovo in vantaggio e in dominio del gioco per l'intero incontro. Solo un errato passaggio in orizzontale tra i nostri giocatori a metà campo permise ai blucerchiati di conquistare palla e a Trevor Francis di pervenire al pareggio al 90'.
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Quattro settimane prima, al Comunale i granata avevano rifilato tre pappine al Napoli di Maradona, francobollato "by fair means" da Giacomo Ferri I, come riconosciuto con lealtà dall'indimenticabile fuoriclasse argentino. Campionato 1984-85. Ci stavamo accingendo a vivere un novembre da sogno. Successo sul Milan per 2-0. Di nuovo punizione di Junior contro Terraneo, passato a difendere la porta rossonera ("Raccogli Giuliano, raccogli!", urlò entusiasta il nostro capo tifoso Fabrizio Dellachà). Corner storico dalla bandierina tra Rettilineo di Tribuna e Maratona per il superbo stacco di testa di Serena - tra Brio e Tacconi - al derby e vittoria al 90'. Delirio puro.
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Ma come giocava, Junior. Stop impeccabili, partenza di scatto ad accentrarsi con passo breve e frequenza elevata. Mai una protesta. Sebbene di famiglia benestante e persona colta, definiremmo il suo atteggiamento durante il gioco come "l'alegria do povo ", come per Mane' Garrincha. E non suoni assolutamente come un diminutivo, anzi. I complimenti dei tifosi avversari, ammirati dalla sua tecnica e dalle sue improvvisazioni, nel lasciare lo stadio erano per noi motivo d'orgoglio.
Poi quel maledetto incontro casalingo con il Verona di Bagnoli. I gialloblù che si laurearono campioni nell' '84-85 giocavano bene e soprattutto giocavano semplice. Tricella, Di Gennaro avevano piedi buoni per lanciare Elkjaer Larsen. L'incontro nel girone di andata a Torino fu maledetto per noi, essenzialmente per tre ragioni: le parate "non so come ho fatto " di Claudio Garella con ogni parte del corpo, il -doppio!- palo di Sclosa, lo strapotere fisico del decathleta Hans-Peter Briegel a metà campo.Il Torino concluderà il torneo '84-85 con 39 punti, piazzandosi al secondo posto dietro il Verona, campione con 43; si lascia immediatamente alle spalle Inter, Sampdoria, Milan, Juventus.
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Alcuni commenti sulla stagione dei granata. "Non pensavo che il ritorno di Radice sulla panchina granata potesse risultare tanto positivo si fini del rendimento della squadra", Bruno Colombero, Tuttosport. "Spesso, tra il primo ed il secondo tempo, Radice ha saputo variare la posizione in campo dei suoi giocatori con effetti decisivi sul risultato", Giglio Panza, Tuttosport. Purtroppo, come fece notare Carlo F. Chiesa: "Il limite che incrina la linea retta di questa squadra sta nella prodigalità delle punte". Effettivamente, quel bel Torino schierava in attacco Serena, un giovane imbattibile di testa ma non altrettanto forte di piede e Schachner, un centravanti ciclonico ma impreciso. Il limite di una squadra per il resto veramente forte.
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Junior è stato lo straniero più forte di tutti i tempi in maglia granata. Per altri versi, lo scarsamente disciplinato Denis Law del 1961-1962, sebbene successivamente Pallone d'oro nel 1964 con la maglia del Manchester United, non può reggere il confronto. Leo Junior, un grande campione e al contempo un uomo di una sensibilità rara, dimostrata coi fatti e negli atteggiamenti quotidiani. "Sai, professore - così si rivolgeva a Sergio Vatta, terminando la sua giornata d'allenamento sul campetto della Primavera - qui con voi mi sembra di essere in Brasile, voi sì che vi divertite! Giocano tutti bene, questi ragazzi. Quel piccolino, Giorgio (Venturin, ndr), non è male, quello arriva!".
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Junior aveva capito il Torino e Torino. Le serate con la sua chitarra, con i compagni di squadra e le loro famiglie, il piccolo Rodrigo con lui in campo. Leadership che Radice, ormai sul viale del tramonto, non volle capire e non apprezzò. Junior ha conservato con affetto gesti e momenti di quegli anni, come il regalo del presidente Rossi da un viaggio in Brasile, un magnifico esemplare di pappagallo. Ceduto in maniera irresponsabile al Pescara, tornò poi temporaneamente in prestito dal Flamengo nel 1991 per disputare e vincere la Mitropa Cup.
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Junior, il 3 dicembre 2006, nel giorno del Centenario, sul palco con Paolino Pulici. Non occorre aggiungere altro. FVCG.
Gianni Ponta, chimico, ha lavorato in una multinazionale, vissuto molti anni all’estero. Tuttavia, non ha mai mancato di seguire il “suo” Torino, squadra del cuore, fondativa del calcio italiano. Tra l’altro, ha scoperto che Ezio Loik, mezzala del Grande Torino, aveva avviato un’attività proprio nell’ambito dell’azienda in cui Gianni molti anni dopo sarebbe stato assunto.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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